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venerdì 29 novembre 2013

Thor - The Dark World

Il cinema americano, un po' come il resto della nazione, ha la grande capacità di saper reinventare se stesso. Qualche anno fa avevo la sensazione che ci fosse una certa difficoltà nel proporre storie innovative. Ero un po' annoiato. Al contrario, negli ultimi mesi sono rimasto sorpreso dalla qualità delle nuove pellicole.
Thor, a dire il vero, è un classico dei fumetti Marvel. L'eroe con il super martello potrebbe non avere in se le caratteristiche del personaggio nuovo e della novità. Eppure, il modo in cui è stato proposto da Alan Taylor in The Dark World è quantomeno spettacolare.
È il mezzo che fa l'opera d'arte. Non ho idea del giudizio che ne avrei dato se l'avessi visto in tv o sul tablet. Ma al cinema, in 3d, con il sorround, Thor è fantastico.
I mondi - sono tanti! - in cui si muovono i protagonisti lasciano a bocca aperta. Riescono ad essere allo stesso tempo iper realistici, perché rappresentati molto bene, e stupendi, da sogno, fuori dal normale. Chi li ha ideati e realizzati ha fatto un lavoro sopraffino.
Sempre più spesso i registi fanno largo uso delle possibilità uniche offerte dal 3d. C'è una scena in cui lanciando degli oggetti questi passano, grazie ad una riedizione dei classici portali, da un mondo all'altro. È meravigliosa.
Sul finale, grazie ad un allineamento dei mondi, buoni e cattivi si ritrovano a combattere passando tra i vari pianeti. Epico!
La vicenda del secondo capitolo di Thor è abbastanza classica: l'eroe buono, Chris Hemsworth, contro i cattivi che hanno sonnecchiato per millenni e sono pronti a spargere il male nel nostro universo. In mezzo alla lotta ci finisce la bella terrestre, Natalie Portman, della quale il nostro eroe è innamorato.
Ci sono alcuni capovolgimenti di fronte, mosse inattese, diversi colpi di scena. L'ambiguo ruolo del fratello, Tom Hiddleston, è ancora una volta uno degli aspetti più interessanti.
Insomma, l'idea è piacevole e interessante, l'esecuzione è superba.

Se impazzisci per i film di fantascienza, andando a questa pagina ti renderai conto che anche a me non dispiacciono. Ma soprattutto, non dimenticare di andare a vedere La Ragazza di Fuoco, Katniss ti aspetta!

venerdì 8 novembre 2013

Ender's Game


La sua predestinazione è già presente nel nome, ma le sfide che Ender dovrà affrontare per compiere il suo destino sono tutt'altro che scontate.

Tratto dal romanzo di fantascienza young adult di Orson Scott Card, vincitore dei premi Hugo e Nebula, Ender's Game unisce alla spettacolarità delle scene la ricerca dell'equilibrio emotivo da parte del protagonista, interpretato molto bene dal promettente Asa Butterfield. 

La trama prende spunto da un attacco alieno che ha causato morti e devastazione sul nostro pianeta e che gli umani sono riusciti a respingere a fatica. Progettando una sorta di guerra preventiva, i generali umani sono convinti di poter trarre beneficio dalle particolari abilità di un gruppo di adolescenti sottoposti ad un duro addestramento. Ender si muove in bilico tra la dolcezza della sorella e la violenza del fratello; è minacciato dall'aperta ostilità degli altri cadetti e ha forti difficoltà nel rapporto con l'autorità. Il suo percorso di crescita, sottolineato dalla toccante colonna sonoro di Steve Jablonsky, tiene lo spettatore costantemente con il cuore in gola.

Gavin Hood (X-Men le origini: Wolverine) muove su scenari immensi epiche flotte di astronavi ed esotici mondi alieni, imprimendo pathos e spettacolarità alla pellicola.

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lunedì 7 ottobre 2013

Gravity, sospesi nel vuoto

Immaginate di librarvi nello spazio. Sotto di voi si staglia la gigantesca sagoma di un bellissimo pianeta azzurro: la Terra. Avete un jetpack e, manovrandone opportunamente le spinte, riuscite a volteggiare attorno a satelliti artificiali e shuttle, muovendovi nella più completa armonia. Lo spazio profondo è uno spettacolo che toglie il fiato. Sulla superficie del vostro amato pianeta riconoscete i luoghi che vi sono cari: ecco, lì c'è il continente dove si trova casa vostra. E lasciate vagare lo sguardo su feroci ammassi di nubi, sugli oceani cristallini, su foreste di un verde intenso.
Immaginate di essere proprio lì... di esserci davvero. Non è un sogno, non è finzione. Siete sospesi, alle porte di un mondo, sulla soglia dell'universo.
Questa è la sensazione che si ha vedendo Gravity. È un film che dà vertigini, figlio del suo tempo. Alfonso Cuaròn non avrebbe potuto realizzarlo in un altro momento qualche anno addietro. Perché in questo film, la tecnologia e gli effetti sono tutto. È una pellicola quasi da esteti, una sequenza di tuffi vertiginosi.
È da vedere al cinema e in 3d, non ci sono dubbi. È concepito e realizzato sulla base dell'esperienza tridimensionale. Cuaròn è uno di quei registi che non pensa più a trasporre i film tradizionali in 3d, ma elabora l'opera sulla base delle possibilità offerte dal nuovo mezzo
A molti spettatori Gravity lascia un senso di meraviglia, quella dolce sensazione che si prova quando si è bambini e ci si trova dinanzi a qualcosa di nuovo e incantevole.
La trama è povera, è vero. George Clooney e Sandra Bullock non sono particolarmente in forma. I dialoghi sono stentati e la vicenda della lotta contro le avversità e il proprio passato è un po' stereotipata. Prima di entrare in sala è opportuno dimenticare qualsiasi nozione di fisica appresa alle superiori. Ogni volta che penserete: "No, ma questo non è possibile!" sappiate che probabilmente avrete ragione. Eppure è un po' come quando gli spettatori andarono a teatro e si spaventarono di fronte a un treno che veniva loro incontro.
In questo caso, si ha invece la sensazione di essere sospesi nel vuoto. È un'emozione bellissima!

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Non perdetevi la recensione di Gianluca Ranieri Bandini "Gravity, da rimanere senza fiato".

giovedì 26 settembre 2013

L'intramontabile 'Le iene – Cani da rapina' del maestro Quentin Tarantino

“Ve lo dico io di cosa parla Like a Virgin...”
Se anche voi sapete esattamente di cosa stiamo parlando e conoscete la risposta, o per meglio dire le risposte, significa che vi sarete ritrovati almeno una volta nella vostra vita a fare i conti con questo capolavoro degli esordi di Quentin Tarantino.
Il regista più pulp e cinefilo che sia mai esistito insieme a una schiera di attori cult come Tim Roth, Steve Buscemi, Harvey Keitel e all'ex galeotto/attore/scrittore di crime-stories Edward Bunker, dà vita a un vero e proprio gioiellino che parte dalla solidissima base del noir più classico, lo stesso di Rapina a mano armata di Stanley Kubrick per intenderci. Otto sconosciuti vengono chiamati a realizzare una rapina in una gioielleria, uno di loro è un infiltrato, il colpo va male e la situazione degenera fino al più classico dei finali, un bagno di sangue con tanto di caro vecchio stallo alla messicana tanto amato dal nostro mitico Quentin, che utilizza questo espediente alla spaghetti western per la prima volta proprio in questo film, e che non mancherà di inserire in ogni sua produzione a seguire.

E di certo lo stallo alla messicana non è l'unico espediente tarantiniano nato con questo film, come dimenticarci della classica inquadratura dall'interno del bagagliaio di una macchina? Un altro vezzo che questo geniale cineasta/cinefilo ha cura di mettere in ogni suo film.
Ma chi crede che la forza di questa pellicola presentata con tutti gli onori al Festival di Cannes, di Locarno e di Viareggio nel 1992, risieda semplicemente in qualche inquadratura e soluzione scenica si sbaglia di grosso. Sì, perché un film come questo, pregno di violenza concentrata, follia, sadismo e intrighi, fonda il proprio successo sui dialoghi brillanti, vivaci e pieni di verve, talmente intelligenti e ammiccanti da lasciare indelebilmente il segno fin dall'introduzione, in quel lunghissimo piano-sequenza tutto giocato in una tavola calda, in cui i personaggi vengono perfettamente tratteggiati attraverso la dialettica. E poco importa se discutano di Madonna o del trattamento economico dei camerieri d'America, non possiamo che seguire ipnotizzati ogni singola sillaba del dialogo, anche quell'onnipresente “fuck” / “fottuto” che sembra intervallare regolarmente tutte le frasi. 

In Le iene tutto sembra perfettamente e maniacalmente orchestrato: dalle riprese, che spesso e volentieri scivolano nel virtuosismo, al curatissimo montaggio, fino all'impeccabile direzione degli attori. Chi non ha riso nel vedere la faccia sconvolta di Steve Buscemi quando gli viene affibbiato il nome in codice di Mr Pink? “Mr Pink sembra un nome da fighetta. Che ne diresti di Mr Purple? Mi sembra che va bene, sì, sarò Mr Purple.” Peccato che il boss sia di altro avviso...
Ma lo humor più nero e a tratti folle spicca il volo proprio tra effluvi di sangue, quando quel pazzo psicotico di Mr Blonde accende la radio sulla mitica stazione SuperSound anni '70 – inventata all'occorrenza proprio da Tarantino - e sulle note di Stuck In The Middle With You degli Stealers Wheel, tortura un poliziotto senza alcuna pietà: “Tutto quello che puoi fare è invocare una morte rapida... Cosa che tanto non otterrai.”
E che dire poi della scelta della musica? Dall'incipit sulle note di Little Green Bag fino ad arrivare a Coconut, risulta inconfondibile quel sound spiccatamente anni '70 con cui il piccolo Quentin è cresciuto...
E se c'è ancora qualcuno che accusa Tarantino di aver spudoratamente copiato City on Fire di Ringo Lam, rispondiamo con le stesse parole che il nostro amato cineasta ha preso in prestito da Stravinskij: i grandi artisti non copiano, rubano.

Silvia Fanasca

Silvia Fanasca
"Una giovane "choosy" qualunque con un po' di immaginazione e una laurea-quasi-due con cui sventolarsi quando fa caldo. Peccato sia inverno."
Specializzata in critica cinematografica, ha pubblicato diversi articoli e recensioni sulle riviste Sci-fi Magazine, Tenebre, Game Republic, Ps mania e Xbox 360. Ha inoltre collaborato online con sentieriselvaggi.it e viagginews.com.
Sulla piattaforma interattiva The Incipit, è autrice del racconto Buongiorno Italia, presentato anche su questo blog.
La trovi su Facebook all'indirizzo facebook.com/Snake.Fanasca.

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lunedì 23 settembre 2013

Rush, un capolavoro da Oscar

Rush, di Ron Howard, è un capolavoro da Oscar
Era un'ossessione ancor prima che andassi al cinema: la mitica rivalità tra James Hunt e Niki Lauda, due grandi campioni divisi dal modo di intendere lo sport, ma uniti da una competizione accesa e dai risvolti profondamente umani.
In genere cerco di sapere il meno possibile di un film prima di andarlo a vedere. In questo caso, sapevo già quasi tutto.
Sarei potuto andare incontro a una cocente delusione, ma è stato esattamente il contrario. Rush non solo mi è piaciuto, mi ha mandato in visibilio, ha scavato nelle mie emozioni, mi ha affascinato, sorpreso, mi ha attratto nella storia come poche altre pellicole.

James e Niki si conoscono in una delle formule minori, la Formula 3. James è un donnaiolo. Ama bere, fumare, godersi la vita. In pista, è talento puro.
Niki è più freddo, calcolatore, sa gestirsi molto bene, accetta una percentuale di rischio ben precisa prima di scendere in pista.
A quei tempi, correre in Formula 1 significava danzare con la morte. Morivano due piloti a stagione. James è affascinato dal pericolo e crede sia una delle ragioni della sua popolarità con le donne.
Di corsa in corsa, di macchina in macchina, i due giovani piloti arrivano nell'Olimpo delle corse automobilistiche, la Formula 1.
Quando Niki si ritrova in Ferrari e James in McLaren la competizione tra i due esplode. Sempre attenti l'uno alle mosse dall'altro, usano ogni mezzo per superarsi. Eppure, è impossibile non  leggere il forte legame umano, il rispetto, la sportività cristallina che lega i due piloti. Si sfottono, ma si ammirano.
La storia del mondiale del '76 è nota ai più. L'incidente di Niki, l'incredibile ritorno in pista, la sfida finale...
James rimarrà legato ai propri piaceri, un tipico eroe di quegli anni, con tutte le nefaste conseguenze. Niki diventerà una leggenda dello sport, della Ferrari e della Formula 1.
Resta del film lo splendido rapporto umano tra i due, che, soprattutto oggi, dovrebbe insegnare agli pseudo sportivi che si scambiano invettive per novanta minuti da una curva all'altra quale sia il vero senso dello sport.
La regia di Ron Howard è impeccabile, attenta ai particolari, incalzante, con ritmi quasi perfetti. Le musiche di Hans Zimmer sono la giusta colonna sonora di un capolavoro da Oscar.

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mercoledì 18 settembre 2013

Un universo favolistico visionario e dalle forti tinte dark: Biancaneve e il cacciatore

“Labbra rosso sangue, chioma d'un nero folgore, cara Biancaneve dammi il tuo cuore.”
C'è da chiedersi come mai una Regina Cattiva interpretata dalla splendida Charlize Theron debba temere di vedersi superata in bellezza dalla Biancaneve/Kristen Stewart. Insomma, senza nulla togliere alla twilightiana bellezza della Stewart, ma esiste veramente una donna al mondo che possa anche solo lontanamente pensare di mettersi in competizione con la magnifica Theron. Ma, partendo dal presupposto che senza una Regina bella e invidiosa non esisterebbe alcuna fiaba, non ci resta che mandar giù questa per nulla convincente vittoria della Stewart post Twilight e lasciarci affascinare dai toni epici e grandiosi della seconda Biancaneve dell'anno. 

Sanders, la cui carriera pregressa nel mondo degli spot televisivi ci ricorda come questo mondo frenetico fatto di appena sessanta secondi sia in grado di formare in maniera eccelsa i registi – e Ridley Scott ne è l'esempio lampante – con la sua sapiente regia riesce a dar vita ad un universo favolistico visionario e dalle forti tinte dark, in grado di stregare lo spettatore e immergerlo in un mondo onirico che affascina e spaventa al tempo stesso. E la sua rappresentazione allucinata della Foresta Nera è un chiaro esempio del tono che si è voluto dare a questa pellicola. Le atmosfere da sogno tipiche delle favole, ovattate e paradisiache, sono relegate a pochi fulgidi momenti come quelli in cui ci viene presentato lo splendido Santuario delle Fate, ricco di creature fantasiose. Ma non c'è molto spazio in questa pellicola per il mondo fatato, e la Biancaneve che ci viene proposta, per quanto pura di cuore e dall'animo gentile è tutt'altro che una principessina indifesa in attesa che il principe azzurro arrivi a salvarla da un crudele destino.
La forza di questa pellicola, a tratti talmente epica da ricordare addirittura la saga de Il Signore degli Anelli di Peter Jackson, risiede proprio nella grande forza di carattere delle donne protagoniste: da una parte abbiamo una Regina Cattiva dal passato oscuro e travagliato, terribile e fragile al tempo stesso, che odia gli uomini e la loro logica più di qualsiasi altra cosa e vede nella bellezza l'unica forma di potere possibile; dall'altra una Neve combattiva e risoluta, pura di cuore ma non per questo codarda, agguerrita e pronta a qualsiasi sacrificio pur di riprendersi il suo regno e governarlo con giustizia. 

Una fiaba che quindi scardina i classici topoi del genere, munendo Neve di un'efferata sete di vendetta, con tanto di spada ed armatura, rendendo la Regina se possibile ancor più cattiva con le sue urla isteriche, gli occhi di ghiaccio e le unghie ad uncino che strappano cuori di fringuelli e umani a profusione, anelando però all'unico cuore che le garantirebbe l'eterna giovinezza. Ma, soprattutto, quello che più colpisce e più si discosta dalla dimensione favolistica di appartenenza, è il rifiuto della classica dicotomia Principe/Principessa a favore di un Cacciatore dal passato doloroso, risoluto e dai muscoli d'acciaio come solo il dio del tuono Chris Hemsworth sa essere. Per non parlare poi dei Sette Nani – o meglio otto, aguzzate la vista! E preparatevi al dramma...– capitanati dal magistrale Ian McShane, che tanto per fattezze quanto per temperamento ricorda l'agguerritissimo Gimli, e con lui tutti i nani concepiti da Tolkien. 

A far da valido supporto alla sorprendente regia di Sanders troviamo una colonna sonora assolutamente azzeccata, firmata James Newton Howard, dei costumi ammalianti, specialmente quelli della malvagia Ravenna, ad opera di Coleen Atwood e una fotografia impeccabile perfettamente orchestrata da Greig Fraser. 
Peccato solo per il finale, assurdamente sottotono visti i ritmi da kolossal action che permeano la pellicola e a cui lo spettatore ormai è abituato. Insomma, anche se è previsto un seguito, se non addirittura l'istituzione di un franchise, è impensabile concludere un film del genere così.

Silvia Fanasca

Silvia Fanasca
"Una giovane "choosy" qualunque con un po' di immaginazione e una laurea-quasi-due con cui sventolarsi quando fa caldo. Peccato sia inverno."
Specializzata in critica cinematografica, ha pubblicato diversi articoli e recensioni sulle riviste Sci-fi Magazine, Tenebre, Game Republic, Ps mania e Xbox 360. Ha inoltre collaborato online con sentieriselvaggi.it e viagginews.com.
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lunedì 9 settembre 2013

A corto di idee, recensione su Riddick

L'inizio è convincente: belle le atmosfere, affascinanti gli scenari di un mondo rosso, ostico e difficile.

Riddick è ferito. Fatica a sopravvivere. Deve difendersi contro animali feroci e mostruosi. Ha la necessità di ritrovare il proprio istinto per non soccombere.

In un gradevole flashback, la sua memoria torna al perché sia finito solo e in difficoltà su quel mondo abbandonato.

I modi in cui si nutre, combatte e avvelena il suo stesso corpo sono suggestivi e promettono bene. 

Quando Riddick scopre una base di mercenari, capisce che richiamare alcuni di loro dallo spazio profondo, attirandoli con la taglia che c'è sulla sua testa, è l'unico modo per procurarsi un pass per la fuga da quel pianeta.

Le navi spaziali atterrano e Riddick inizia a giocare al gatto con il topo. I toni sfumano quasi nell'horror. Le scene diventano più sanguinolente. La tensione si alza. 

Ma nella seconda parte del film sembra quasi che le idee vengano a mancare. Gli animali che Riddick si trova a combattere si moltiplicano semplicemente di numero, mentre i mercenari ovviamente cadono uno dopo l'altro. La ripetitività della scene quasi annoia. Il finale non riserva nessuna sorpresa. Peccato, viste le premesse, ci si sarebbe potuto aspettare qualcosa di più.

Se ti piacciono i film di fantascienza, leggi le recensioni su Wolverine - l'immortalePacific RimThe Host e altre ancora.

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martedì 3 settembre 2013

Il lacerante contrasto tra la realtà artificiale utopica e il mondo agonizzante: Elysium

Elysium brilla nel cielo, di giorno e di notte. È uno splendido piccolo mondo artificiale in orbita intorno alla Terra. Lì si sono ritirati i ricchi e potenti, che vivono in lussuose ville circondate dalla natura e dall'acqua. Tra le mille meraviglie che si hanno disposizione ci sono le cabine di guarigione. È sufficiente sdraiarsi al loro interno e il sistema procede a una scansione che rileva qualsiasi problema legato alla salute per poi guarirlo in un istante.
La Terra è malata: sovrappopolazione, inquinamento ambientale, malattie. Ai terrestri non è rimasto molto del pianeta di qualche secolo prima. Per molti l'unico sogno è la conquista del biglietto per Elysium.
I pochi che si avventurano nell'impresa tuttavia in genere vengono fatti eliminare ancora prima dello sbarco dal Ministro della Cura e della Difesa di Elysium, la bravissima Jodie Foster. Lei, sotto inchiesta per i suoi metodi brutali, ritiene che in fondo non siano quelli il problema, ma la politica permissiva dell'attuale Presidente. In una realtà retta dalla tecnologia e dall'automazione, è sufficiente rivolgersi a chi la gestisce per ottenere un reboot del sistema nel quale inserire le credenziali del nuovo Presidente.
Ma sulla Terra Max (Matt Damon) lotta. Lotta per raggiungere Elysium, che sogna insieme all'amica Frey sin da quando erano bambini. Dopo una lacerante esposizione alla radiazioni, gli rimangono solo cinque giorni di vita per raggiungere la cabina di guarigione che gli consentirà di sopravvivere.
Elysium è un film di fantascienza senza picchi emotivi o spunti originali, tuttavia la vicende umane sono godibili, gli scenari affascinanti, il contrasto tra realtà artificiale utopica e mondo agonizzante molto ben riuscito. Per gli appassionati del genere è un ottimo inizio di stagione.

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lunedì 29 luglio 2013

'Wolverine - L'immortale', recensione

Wolverine - L'immortale
Un inizio sorprendente si scioglie come neve al sole.
Wolverine - L'immortale si apre con il protagonista rintanato in un antro nella roccia di una montagna fredda e inospitale. Lui sembra essere nel suo elemento ideale: un uomo più vicino allo stadio animale che a quello umano; solo, isolato e tormentato dagli incubi dell'amata che ha dovuto uccidere. 
Viene ritrovato da una giovane giapponese che gli chiede di portare l'estremo saluto a un uomo a cui lui, con il suo coraggio, ha concesso una vita lunga e di successo. C'è spazio per un toccante flashback sulla catastrofe atomica di Nagasaki. La nipote è una bellissima ragazza destinata a diventare la donna più potente del Giappone grazie all'eredità che il nonno le lascerà. Per l'apertura del testamento tuttavia ci vogliono tre giorni, nei quali l'affascinante fanciulla, difesa da Wolverine, deve riuscire a sopravvivere.
Le premesse per un bel film ci sono tutte, ma è proprio dopo questa parte iniziale che l'opera sembra stranamente perdere di consistenza. 
La storia d'amore è poco articolata, le scene d'azione sono piatte, lo scontro finale appare come l'ultimo livello di un videogame in cui ci si scontra con il boss finale.
La delusione tuttavia non deve spingere all'abbandono della sala prima della fine dei titoli di coda, durante i quali ci si può ricollegare alle emozioni vissute durante la visione dei primi X-Men.

lunedì 15 luglio 2013

Pacific Rim

Eccoci al caro vecchio scontro tra buoni buoni e cattivi cattivi! I primi naturalmente sono gli umani, che difendono il pianeta dal pericolo proveniente dai Kaijū, mostri giganteschi alieni che sbucano da un'apertura sul fondale degli oceani. Per gli epici scontri, gli umani si avvalgono degli Jaeger, giganteschi robot frutto dell'ingegno condiviso di più nazioni.
Le domande che il film pone sono molteplici: perché il coordinamento di una lotta da cui dipende il destino dell'umanità viene affidato dalle Nazioni Unite ad un unico uomo e a due scienziati che lavorano in un laboratorietto poco più grande di un'autorimessa? Come fa una dozzina di elicotteri a tirare in aria un robot alto un centinaio di metri? Perché solo alla fine del film ai buoni viene in mente come concludere la guerra, quella stessa soluzione che verrebbe in mente a chiunque veda un buco nel muro dal quale escano insetti minacciosi? Perché i robot nei loro epici scontri non si avvalgono del supporto di aviazione e marina?
La trama è esattamente quello che si aspetterebbe. L'eroe caduto risorge e si innamora dell'unica donna della quale potrebbe innamorarsi. Chi deve sacrificarsi si sacrifica. Chi deve vincere vince e chi deve perdere perde.
Un film da scartare quindi? No! Perché nonostante una trama scontata, personaggi piatti e incongruenze a raffica, le scene epiche sono davvero belle. È l'apoteosi del digitale, con città orribilmente mutilate dagli alieni, mostri e robot che torreggiando sugli abissi oceanici, scene grandiose che rapiscono per la propria maestosità.
E la lotta tra il bene e il male torna, ancora una volta, ad affascinarci.

Se il genere mostri giganteschi contro robot vi appassiona, vi suggerisco di leggere la bella recensione di Samantha Baldrin.

giovedì 4 aprile 2013

Per favore, non leggete la mia recensione su The Host

Come autore esordiente di fantascienza, dovrei evitare questa recensione. So che quanto state per leggere farà rizzare i peli alla maggior parte di voi, ma devo confessare che ci sono alcune parti di The Host che in fondo mi sono piaciute.

È un film per il quale non ho gridato al miracolo. I dialoghi sono molto alla... Twilight. Le relazioni d'amore sono molto alla... Twilight. Le attese, le pause e il ritmo sono molto alla... Twilight. In più, nel film è quasi sempre presente una vocina che, almeno nell'UCI cinema dove sono stato, rimbombava in maniera piuttosto spiacevole.

Tuttavia devo ammettere che, se anche i demeriti sembrano essere già in buon numero, a mio parere si fermano qui.

In The Host una specie aliena prende possesso delle coscienze degli umani. Se prima il pianeta era dominato da una specie incline alla violenza, alla guerra, allo sterminio e alla distruzione della natura, grazie agli alieni tutte queste caratteristiche negative vengono sradicate.

Non sempre però le creature extraterrestri sono in grado di eliminare la coscienza umana dal corpo di cui prendono possesso. Accade così che sia nel caso della protagonista, sia in quello della sua principale nemica, alieno e umano inizino una relazione battagliera all'interno delle stesse membra. L'idea di base è buona.

Nel film vediamo sfilare le immagini di alieni luminosi, auto sportive stupende, paesaggi mozzafiato, grotte e caverne abitate dai sopravvissuti. La storia d'amore è in tipico stile Stephenie Meyer, con più ragazzi bellocci che ambiscono alla stessa ragazza (ma con una sorpresa in più, in questo caso...). La musica è mielosa al punto giusto.

Non avendo grandi aspettative, confesso di aver passato una bella serata e di essermi persino emozionato in alcuni momenti. Molti però in sala si sarebbero volentieri fatti una pennichella, se non fosse stato per i boati di risate scatenate da alcune battute del film involontariamente comiche.

lunedì 4 marzo 2013

Upside Down, squisita favola scientifica

Lei vive nel ricco e moderno mondo si sopra, lui nel poverissimo mondo di sotto. I contatti sono proibiti, a causa delle leggi della società e di quelle dell'Universo. I mondi si specchiano uno sull'altro. Ognuno rappresenta la volta celeste dell'altro.
Upside Down è una squisita favola fantascientifica. La vicenda d'amore tra i due ragazzi si svolge in scenari bellissimi: le immagini catturano lo spettatore e le fughe, i salti e le cadute rendono la vicenda appassionante.
Non mancano alcune riflessioni di fondo: il mondo di sopra per essere così ricco ha bisogno dell'energia a basso prezzo del mondo di sotto. Vi ricorda qualcosa?

lunedì 18 febbraio 2013

Lincoln


I was driving to the cinema. I saw a friend of mine and I stopped the car to greet him. He's old, tall and very elegant: a true old style gentleman. Unfortunately, he's a racist. He does not spend his time telling bad things about black people. He just does not care about them. But, for instance, he proudly says that he wishes that his daugher will never get married to a black man.
I went to the cinema and I watched “Lincoln”: a wonderful movie. President Lincoln, like Obama today, is one of those Americans who had the ability to lead the world. I often wish such a man could be Italian Prime Minister too...
Anyway, meeting my old friend before the movie made me think how we still have to fight every day for President Lincoln's values. People can easily forget the importance of freedom and equality. Very often we can see how nazism, fascism or intolerance can be easily penetrate our society again. And racism unfortunately has many faces, some of them very hard to detect. Lincoln's values defence is today as hard as ever.

lunedì 4 febbraio 2013

Looper, la recensione


Sono uscito dal cinema con il sorriso, un po' perché mi è piaciuto e mi ha divertito, un po' per una logica un po' discutibile.

Il viaggio nel tempo non è un argomento semplice e Looper ha il merito di usarlo come spunto e di trattarlo in maniera divertente. Mi è parso tuttavia che alcune conclusioni siano state più dettate dalla scelta di creare pathos, che dalle logiche conseguenze.

Looper sviluppa i temi dei viaggi nel tempo, dei paradossi temporali e della possibilità di mutare il corso della propria esistenza. Da questo punto di vista, il confronto con sé stessi invecchiati di trentanni è particolarmente interessante. Sarebbe facile concludere che con più esperienza e più anni sulle spalle si è in grado di operare scelte dettate da maggiore saggezza, ma non è proprio così. E Looper questo dubbio lo instilla molto bene.

Mi sarebbe piaciuto un maggiore approfondimento sulla telecinesi: qui il film si limita a dire che il 10% della popolazione ha sviluppato questa abilità. È un'introduzione alla figura dello Sciamano, ma anche uno spunto interessante. Nel futuro non saremo solo più hi-tech, ma forse svilupperemo anche qualcosa di diverso come essere umani. Cosa si sia sviluppata questa capacità, non è molto chiaro.

Se non ricordo male, il film si svolge nel 2044. A un certo punto scorrono trentanni a partire da questa data. Ecco, io mi aspetterei nel 2074 una realtà molto diversa da quella che viene brevemente mostrata. Tornando al 2044, sembra che le novità più interessanti che possiamo aspettarci saranno moto fluttuanti e droghe collirio.

Al di là di questi piccoli rilievi, la trama non è troppo pretenziosa, ma è godibile, il film ha delle pause, ma il ritmo è buono e senz'altro vale la pena di andarlo a vedere.

giovedì 31 gennaio 2013

Quando i bimbi crescono... arriva John Carter della Disney. E Star Wars?


Al cinema, per la prima volta in vita mia, mi ero addormentato. È stata la prima e l'unica volta in mia e l'ho attribuito all'avere un paio di marmocchi che richiedevano molte attenzioni notturne.

Ieri ho convinto la mia "lei", che invece era rimasta ben sveglia, a rivedere John Carter.


Alcuni spunti sono graziosi: le tre realtà - Inghilterra, Starti Uniti, Marte -, l'intrigo del finale della tomba. Ma come film di fantascienza non si sforza neppure lontanamente di apparire verosimile.

Se guardiamo Avatar sappiamo che si tratta di un altro mondo e di una realtà lontana dalla nostra, ma tutto appare come qualcosa che potrebbe davvero esistere, altrove o in futuro. E molte trovate sono "geniali".


John Carter è un polpettone di stereotipi e aspetti dozzinali. Alla fine del film ci si chiede se la Disney non riesca proprio a sganciarsi dall'idea della principessa, del salvatore e del "e vissero felici e contenti."


Ora, un brivido freddo mi percorre la schiena: la Disney ha acquistato i diritti di Star Wars, splendida serie già ampiamente rovinata dagli episodi 1-2-3. Che voglia sviluppare il filone principesco-adolescenziale? Povera Principessa Leila! Mi auguro che JJ Abrams possa almeno in parte sfruttare l'occasione per creare un'opera che spinga avanti i confini della fantascienza e non che la faccia regredire a qualcosa di già visto e poco interessante!

Avete visto John Carter? Vi è piaciuto? E voi, cosa vi aspettate dal nuovo filone Star Wars made in Disney? Fatemelo sapere nei commenti qui sotto!

mercoledì 16 gennaio 2013

Cloud Atlas, la recensione


Stendete spazio e tempo su un unico piano. Osservatelo dall'alto. Individuate dei punti e collegateli con sottili filamenti. Provate a spostarne alcuni. Attenzione! Il riflesso delle vostre azioni sarà trasmesso all'intero piano.
In Cloud Atlas, attraverso gli eventi, le emozioni e la reincarnazione, storie differenti si influenzano vicendevolmente, superando i limiti spaziotemporali. I concetti di bene e male mutano in base all'epoca e al luogo. L'azione dell'individuo non si inserisce nella semplice legge della causa e dell'effetto, ma germoglia nel continuum con effetti imprevedibili. E lo spirito trapassa limiti che avremmo pensato invalicabili.
Nonostante molte imperfezioni e una certa disomogeneità stilistica, Cloud Atlas è un film che ti cambia la vita. Visivamente è un capolavoro.


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